mercoledì 26 agosto 2009

Dialetto o esperanto?

Avete letto le boutades estive della lega su scuola, dialetto e cultura locale? Si spazia dalla formazione dei docenti, che dovrebbe comprendere la conoscneza della cultura regionale della scuola dove si va ad insegnare, fino a proporre l'inserimento del dialetto come materia scolastic. ( lo annuncia un Bossi malconcio, bofonchiando di un testo di legge già pronto a tal uopo!)


Non vi invio i riferimenti ma la rete è piena, trovate tutti gli articoli in merito o, magari li avete già letti (scusate scrivo di corsa!)


Solo poche riflessioni:


1) Che senso ha proporre il dialetto in una scuola che progetta una riforma in senso limitatico di materie come latino, italiano, storia e filosofia, a vantaggio di materie scientifiche, triste buco nero nella prearazione dei nostri studenti?


2) In un Paese che parla poco e male lingue straniere (inglese, francese maccheronici, pochissime tracce di spagnolo o tedesco, ecc), ovvero le lingue della comunicazione globale di oggi (l'Europa ha colonizzato il mondo, quindi il mondo, o una sua buona parte, parla le lingue europee), ridurre e/o togliere il latino (è previsto per il nuovo liceo dello scientifico), signifa sacrificare una lingua morta, certo, ma universale, che ha permesso di comunicare per secoli a popoli i più diversi. per cosa...il Dilaetto?


3) Al posto di Shakespeare o tacito....la Bottega di Sghio?, L'Acqua cheta?


4) al cinese di S. Donnino che affolla le mie classi...che gli insegno...ad aspirare la c e tradurre "va'ia bischero", due volte a settimana?


5) nell'era di internet e' questa una proposta moderna? ha mai premiato questo atteggimento verso le spinte innovatrici della storia?


Boh!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!


 

parole di speranza

A proposito del post sui nuovi schiavi e relativi commenti, vi segnalo un libro da leggere, sia per chi lo scrivi, il Cardinal Carlo Maria Martini (ma perché non l'hanno fatto Papa?!), sia per il contenuto, capace di ricordare come si possa essere uomini di Chiesa e, nello stesso tempo, profondamente innamorati della vita e aperti all'umanità.


Il libro è "Conversazioni notturne a Gerusalemme. Sul rischio della fede" e nasce a 4 mani, il cardinale e G. Sporschill, gesuita austriaco, dedito al recupero dei bambini di strada e minori abbandonati nell'Europa dell'Est.


Giusto per invogliarvi, nel libro si trovano affermazioni come le seguenti


"Compiere passi nel cammino verso Dio può significare anche entrare nel mondo di una cultura straniera, conoscere altre religioni, imparare una lingua straniera, perchè si diffondano la comprensione e la pace.[...]Chi legge la Bibbia e ascolta Gesù scoprirà che lui si meravilgia della fede dei pagani. In un passo del Vangelo egli non propone come modello il sacerdote, bensì l'eretico, il samaritano. Quando pende dalla croce, accolgie in cielo il ladrone. Il miglior esempio è Caino: Dio segna Caino per proteggerloi e far sì che nessuno lo uccida[...] Nella Bibbia Dio ama gli stranieri, aiuta i deboli, vuole che soccorriamo e serviamo in diversi modi tutti gli uomini. L'uomo, invece, e anche la chiesa corrone sempre il rischio di porsi come assoluti.[...] Non puoi renedere Dio cattolico. Dio è aldilà dei limiti e delle definizioni che noi stabiliamo.[...] Gesù ha scelto di essere senza patria per essere presente per tutti gli uomini e non erigere alcun muro intorno a sé. Gesù è andato incontro agli stranieri. Non si è limitato a stare bene a casa sua, è andato di paese in paese, di città in città. E' andato là dove esistevano conflitti, dove doveva servirsi del suo amore perché si potesse instaurare la pace tra pagani ed ebrei, tra romani ed Israele. [...] Ama il prossimo tuo come te stesso. Oppure, come recita l'originale ebraico: ama il prossimo tuo perché è come te."