mercoledì 26 agosto 2009

parole di speranza

A proposito del post sui nuovi schiavi e relativi commenti, vi segnalo un libro da leggere, sia per chi lo scrivi, il Cardinal Carlo Maria Martini (ma perché non l'hanno fatto Papa?!), sia per il contenuto, capace di ricordare come si possa essere uomini di Chiesa e, nello stesso tempo, profondamente innamorati della vita e aperti all'umanità.


Il libro è "Conversazioni notturne a Gerusalemme. Sul rischio della fede" e nasce a 4 mani, il cardinale e G. Sporschill, gesuita austriaco, dedito al recupero dei bambini di strada e minori abbandonati nell'Europa dell'Est.


Giusto per invogliarvi, nel libro si trovano affermazioni come le seguenti


"Compiere passi nel cammino verso Dio può significare anche entrare nel mondo di una cultura straniera, conoscere altre religioni, imparare una lingua straniera, perchè si diffondano la comprensione e la pace.[...]Chi legge la Bibbia e ascolta Gesù scoprirà che lui si meravilgia della fede dei pagani. In un passo del Vangelo egli non propone come modello il sacerdote, bensì l'eretico, il samaritano. Quando pende dalla croce, accolgie in cielo il ladrone. Il miglior esempio è Caino: Dio segna Caino per proteggerloi e far sì che nessuno lo uccida[...] Nella Bibbia Dio ama gli stranieri, aiuta i deboli, vuole che soccorriamo e serviamo in diversi modi tutti gli uomini. L'uomo, invece, e anche la chiesa corrone sempre il rischio di porsi come assoluti.[...] Non puoi renedere Dio cattolico. Dio è aldilà dei limiti e delle definizioni che noi stabiliamo.[...] Gesù ha scelto di essere senza patria per essere presente per tutti gli uomini e non erigere alcun muro intorno a sé. Gesù è andato incontro agli stranieri. Non si è limitato a stare bene a casa sua, è andato di paese in paese, di città in città. E' andato là dove esistevano conflitti, dove doveva servirsi del suo amore perché si potesse instaurare la pace tra pagani ed ebrei, tra romani ed Israele. [...] Ama il prossimo tuo come te stesso. Oppure, come recita l'originale ebraico: ama il prossimo tuo perché è come te."

2 commenti:

  1. Ama il prossimo tuo "perché è come te". Perché è come te. Che bella, gustate questa frase, privata da quell'inutile sfumatura moralistica (che vuol dire amare "come" se stesso: nello stesso modo? con la stessa intensità?).
    Vedere nell'altro la stessa radice di umanità, gioia, pianto, che è in te.

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  2. Esatto! E' questo istinto viscerale ad empatizzare col mio silime, perché ne condivido la più intima natura che dovrebbe rendermi impossibile lanciare un giubbotto e una bottiglia d'acqua in un gommone di sopravvissuti e proseguire come se niente fosse...ma tant'è...Se l'altro cessa di essere uomo con me me, come me, non c'è giornata della memoria che tenga, ci saranno altri olocausti.

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