sabato 26 aprile 2008

Questioni di vita e di morte

Riflettevo,  a zig zag, sul concetto di vita e morte che ci viene miscelato nei giornali e negli ineffabili talk show televisivi,  saltellando tra un embrione congelato, ad un respiratore artificiale, passando per la faccia al silicone di Padre Pio o all'ultima escuzione capitale in Texas.


Che la vita sia un valore da difendere, promuovere, rispettare, credo sia, all'unanimità, un fondamento riconosciuto da tutti i cittadini di una democrazia liberale; nessuno può dirsi "contro la vita", e chi oggi difende la 194, o il testamento biologico, o la ricerca sulle staminali, di certo non lo fa perchè odia la vita.


Al di là delle considerazioni complesse che questi temi suscitano, non capisco, da credente, le posizioni della Chiesa riguardo a ciò e, come se pensassi a voce alta, senza sapere dove vado a parare mi sembra che:


1) "Io sono la Via la Verità, la Vita". Lo dice Gesù, uomo, Dio, per i credenti entrambe le cose, di cui la Chiesa celebra la morte e la resurrezione. Quindi la vita, almeno quella terrena, quella del corpo,non è un assoluto, la si può perdere (ce lo insegna Lui), visto che il suo significato, il valore di una persona, non sta nelle sue cellule, vive o morte che siano. il Problema non è di chi muore, ma di chi resta....


2) "Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà, alla sicurezza della sua persona" (Dichiarazione universale del diritti umani). Per un credente "diritto" si traduce in "dono di Dio" (pertanto inviolabile dagli uomini), la dignità dell'uomo sta nella libertà di disporre di tale dono, di dotarlo di senso,  nel bene e nel male. Quando la vita delle cellule umane è incosciente (e quindi priva del libero arbitrio), sia essa embrione o coprop agonizzante è tutta in braccio a Dio, sottratta alla mercé di se stessa e altrui. Quindi perché ergersi a paladini del diritto astratto dell'embrione (a cui niente può accader di male che Dio non voglia), invece che tentare un dialogo con uomini e donne che si trovano davanti all'esigenza di scelte dolorose e stare con loro ( non per forza avvallandone i comportamenti).


3) Capisco che il problema etico e giuridico nasca quando si tratta di definire i limiti delle libertà individuali, nel momento in cui le mie scelte abbiano una ricaduta più o meno pesante sulla vita altrui (l'embrione in provetta, il medico di Welby che esegue l'eutanasia, il ginecologo che pratica l'aborto terapeutico ecc.). e qui entra in gioco la politica, e l'arte dolorsa del compromesso , in cui l'idea si misura con la realtà (ricordiamocelo, la vita terrena non è un assoluto, si può perderla se si crede che, comunque avvenga, Dio la raccoglie nel suo abbraccio misericordioso). La vita in sé non ci appartiene, (neppure quando si ergono nbandiere per difenderla) le intenzioni, le riflessioni, le paure, su di essa si, quindi perchè non fasciare quelle ferite, piuttosto che etichettare madree malati acome assassini impietosi (di chi? di cosa?perché?)  L'azione o l'intenzione danno senso all'agire umano?


4) Detto questo, come fa la Chiesa, testimone che la vita risorge attraverso la morte ad avvallare l'adorazione trash di un corpo morto, ricostruito al sicilone (cellule, ancora, sacralizzate, miracolose, corpo assolutizzato....) senza sentire l'incongruenza? A Pasqua stazioniamo in preghiera davanti ad un sepolcro vuoto ( VUOTO! ma ci crediamo davvero?) e Gesù, parlando alla donna da lui amata, che tenta di abbracciarlo riconoscendolo vivo,   risponde, mi immagino io con la dolcezza di un uomo innamorato noli me tangere, non mi trattenere, vi a da quel sepolcro, la vita è oltre.


Quindi....non so.... a voi la parola io...continuo a pensarci sopra.


Cia cioa

1 commento:

  1. Questione di vita. Intanto, credenti e non credenti, religiosi e non religiosi, cerchiamo di batterci per la vita. Tanto più per la vita di chi non può decidere se vivere o non vivere:sarà poi Dio, il fato o come lo si voglia chiamare a scegliere se vita o morte, noi non siamo degni di questa scelta.
    Di certo chi difende la 194, il testamento biologico ecc... non odia la vita, ma mi chiedo se la ama davvero. Ma il problema non sta in lui, ma in chi decide di non dare vita agli altri, di aiutare altri a perderla.
    Hai ragione a scrivere che la vita non ci appartiene, ma certo se non ci appartiene la nostra tanto più non ci appartiene quella degli altri. Stabilire il limite della libertà individuale che tu dici è pericolosissimo, la scienza progredisce e il concetto di vita e non vita diventa sempre più esile, ormai possiamo essere ricomposti con il cuore di Gino, i reni di Alfredo, gli occhi di Giulio, ma se non distinguiamo tra noi e gli altri si autorizzano omicidi. Il limite di scelta tra il lasciar vivere e il far morire può arrivare a estremismi quali quelli di uccidere persone handicappate. Ed oggi è già possibile farlo per quelle che tu chiami cellule, ma che sono già esseri viventi. Esempi nella storia, ahimè recente, di stermini di malati di mente purtroppo ne abbiamo, se non torniamo ai principi di base corriamo dietro a definizioni pseudo etiche-scientifiche che ci porteranno solo al non amore. E dove non c'è amore, non c'è vita.

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