- riduzione degli stipendi dei dirigenti pubblici ad un max di 150.000 euro l'anno, comprese le partecipate
- pensioni d'oro ricondotte all'equivalente del sistema contributivo od a 5.000 euro al mese
- 2 camere con 150 parlamentari ciascuna
- abolizione dei privilegi pensionistici e non a parlamentari e politici
- abolizione di ogni contribuzione statale alla Chiesa cattolica ed a tutte le religioni
- abolizione dell'8 per mille, resta il 5 per mille da devolvere ad associazioni o religioni
- riduzione dello stipendio dei parlamentari a 5.000 euro al mese più concessione abitazione a Roma per il periodo del mandato
- massimo 2 mandati per parlamentari ed ogni altra carica politica
- patrimoniale dello 0,5% sui patrimoni superiori ai 2 milioni di euro, 1% sopra i 5 milioni, 1,5% sopra i 10...
- potenziamento delle energie rinnovabili
- abolizione delle accise
- Riduzione delle spese militari, con blocco delle commesse per i cacciabombardieri
- ...
sabato 28 aprile 2012
Programma ideale del partito ideale basato sulla riduzione delle diseguaglianze e delle ingiustizie
martedì 27 settembre 2011
Cattocomunisti?…
Comunque lo slogan, il logo e il commento al convegno che vi allego mi sembrano particolarmente azzeccati e li diffondo davvero con piacere.
lunedì 11 ottobre 2010
Esenzioni fiscali concesse alla Chiesa, la Ue processa l’Italia-brevi cenni
di Rita Pianese
Lo Stato italiano è soggetto ad un’indagine formale dell’Ue per aiuti di stato incompatibili con le norme sulla concorrenza, dovuta alle esenzioni fiscali concesse alla Chiesa.
Si mette in moto un’indagine approfondita sui privilegi fiscali attribuiti agli enti ecclesiastici in settori-ospedali, scuole private, alberghi e una serie di altre strutture commerciali- in cui la Chiesa gode di un’esenzione totale dell’ICI e di uno sconto pari al 50% dal pagamento sull’Ires.
La procedura per aiuti di stato sarà aperta a metà ottobre dalla Commissione europea e, alla luce delle informazioni a disposizione della stessa, non si può escludere che tali misure costituiscano un aiuto di stato; l’indagine si impernierà su tre fronti: il mancato pagamento dell’ICI, l’art.149 comma 4 del testo unico delle imposte sui redditi (che conferisce la qualifica di enti non commerciali a quelli ecclesiastici), e lo sconto del 50% dell’Ires concesso agli enti della Chiesa operanti nei settori della sanità e dell’istruzione.
Innanzitutto, prima di procedere alla disamina della questione, è opportuno dar conto del corretto inquadramento costituzionale delle esenzioni.
L’esenzione consiste in una norma eccezionale che sottrae a tassazione beni e persone che secondo regola dovrebbero essere tassati. Essa è costituzionalmente legittima se il fine a cui è preordinata è degno di tutela: cultura, beneficenza, risparmio(…),va chiarito poi che la Chiesa, se usufruisce di tali agevolazioni, lo fa in maniera identica alle altre confessioni religiose e agli altri enti non commerciali, e non in virtù di uno stato preferenziale che potrebbe avvantaggiarla rispetto alle une o agli altri.
Ai fini di una più chiara comprensione della vicenda è opportuno specificare che le esenzioni all’ICI sono previste dalla legge istitutiva dell’imposta.
Il decreto legislativo n.504/1992, infatti, prevede una serie di esenzioni tra cui, volendo semplificare, sono previste quelle per i fabbricati destinati all’esercizio del culto, e quelle per i fabbricati appartenenti ad enti non commerciali e destinati a particolari finalità ritenute meritevoli di tutela da parte del legislatore.
Ebbene, mentre per i fabbricati destinati all’esercizio del culto l’esenzione non presenta problemi interpretativi, nel caso di cui sopra, è l’ultima previsione ad essere al centro dell’attenzione poiché in essa possono essere ricompresi enti ecclesiastici le cui attività esercitate necessitano di un corretto inquadramento.
È una questione da valutare bene, la Chiesa deve pagare giustamente le tasse, evitando di affittare alloggi al centro storico a 1000 euro al mese godendo dei privilegi fiscali. Bisogna distinguere i luoghi di culto, quelli deputati all’assistenza e alle opere caritatevoli, dalle attività, che pur essendo del Vaticano, producono reddito.
Tali esoneri garantiscono alle strutture cattoliche un risparmio di due miliardi di euro annuali e un vantaggio notevole sulla concorrenza laica. Va indubbiamente valutata la situazione e va fatta una seria riflessione sull’argomento.
Dal punto di vista della concorrenza vi è un’evidente disparità.
È necessario pertanto un approfondimento accurato su beni immobili e proventi al fine di non creare squilibri tra i cittadini ed evitare le disuguaglianze.
Le vicende di cui si discute erano già state portate a Bruxelles, nel 2008, a seguito di formale richiesta di alcuni esponenti politici italiani, e nel 2010, ma la Commissione aveva in entrambe le circostanze archiviato il caso.
Oggi invece siamo in una situazione diametricalmente opposta; sarà infatti difficile per l’Italia scampare alla condanna poiché “l’esistenza dell’aiuto e resa chiara dal minor gettito per l’erario” e la norma viola la concorrenza “in quanto i beneficiari degli sconti ICI sembrano effettivamente essere in concorrenza con altri operatori nel settore turistico-alberghiero e della sanità”.
Entro 18 mesi sarà Bruxelles a decidere se assolvere o condannare il nostro Paese e conseguentemente porre fine a tali privilegi.
martedì 20 aprile 2010
Pedofilia nella Chiesa – una testimonianza
Mi pare oggettiva e chiarificatrice, pur trattandosi di una vittima, quindi parte in causa.
35545. ROMA-ADISTA. Man mano che la stampa internazionale rivela i casi di preti pedofili e denuncia le coperture di cui essi hanno goduto presso le curie diocesane e i dicasteri vaticani, la gerarchia cattolica corre ai ripari: rimuovendo i presbiteri colpevoli, intervenendo nei confronti degli ecclesiastici che pur sapendo tacquero, assicurando la volontà ed il proprio impegno di collaborare con le autorità civili.
Lo zelo del presente non corrisponde però alla prassi del passato. E c’è un caso che dopo molti anni, attende ancora l’intervento delle autorità ecclesiastiche. Un caso in cui emerge, con inoppugnabile chiarezza, la responsabilità del vescovo che, pur sapendo, scelse di non intervenire nei confronti di un prete della sua diocesi c’è. E lo rese pubblico, nel 2004, proprio la nostra agenzia. È quello di Marco Marchese, che nel luglio del 2004 (v. Adista nn. 53 e 54/04) raccontò ad Adista di aver subito violenze a partire dall'età di 12 anni, appena entrato nel seminario minore di Agrigento, da parte di don Bruno Puleo, che lavorava lì come assistente. Gli abusi si protrassero per 4 anni, fino a quando Marchese trovò la forza di parlarne con il vice rettore del seminario, don Silvano Castronovo, ed il rettore, don Gaetano Montana, che però gli consigliarono di stare tranquillo e di mantenere il silenzio su quegli episodi. Marco, nel novembre del 2000, si rivolse allora al vescovo di Agrigento, mons. Carmelo Ferraro. Ma Ferraro non prese alcun provvedimento contro don Bruno il quale, nel frattempo continuò ad abusare anche di altri ragazzi. Rivoltosi ad un avvocato, Marco ricevette allora dalla Curia un'offerta di risarcimento di 45 milioni di lire, sperando che la vicenda si chiudesse lì. Ma Marchese non volle accettare che sul suo caso calasse definitivamente il silenzio e decise nel 2001 di presentare un esposto alla procura della Repubblica. Solo nel 2002, don Puleo, pur mantenendo i suoi incarichi pastorali e senza che nei suoi confronti venisse avviato alcun procedimento canonico, veniva spostato dalla popolosa parrocchia di Palma di Montechiaro a quella più piccola di Sant'Anna, un borgo in provincia di Agrigento. Il procedimento giudiziario nei confronti del prete si concluse il 7 luglio 2004, quando don Puleo patteggiò una condanna a 2 anni e 6 mesi di reclusione per abusi sessuali nei confronti di 7 ragazzi che frequentavano il seminario di Agrigento. In sede civile, Marchese chiese alla Curia un risarcimento per i danni subiti. Per tutta risposta, mons. Ferraro citò a sua volta Marchese, pretendendo dalla vittima un risarcimento di 200mila euro per i danni che lui avrebbe causato alla “immagine” e al “prestigio” della Chiesa di Agrigento presso l'“opinione pubblica”. Richiesta che Ferraro fu successivamente costretto a ritirare, sotto la pressione dell’opinione pubblica, dopo la partecipazione, nel dicembre 2006, di Marchese alla trasmissione “Mi manda RaiTre”.
A Marco Marchese, attualmente impegnato in numerose iniziative di lotta alla pedofilia ed animatore dell'Associazione per la Mobilitazione Sociale, Adista ha rivolto alcune domande sul modo con cui la Chiesa sta affrontando i nuovi casi di abusi denunciati dalla stampa internazionale.
Cominciamo dalle recenti dichiarazioni delle gerarchie vaticane sulla pedofilia all’interno della Chiesa e la necessità della denuncia alle autorità civili degli abusi dei preti. Solo proclami o qualcosa sta realmente cambiando nella Chiesa?
Da quando scoppiò il mio caso ad oggi credo che qualcosa sia effettivamente cambiato. Anche perché all’epoca la gestione di vicende come quella in cui sono stato mio malgrado coinvolto venivano gestite a livello essenzialmente locale. Oggi invece sembra che il Vaticano intenda esercitare un maggiore controllo sui tribunali diocesani. Anche altri passi annunciati in questi giorni mi sembrano importanti. Ad esempio l’annuncio che verrà abolito ogni termine di prescrizione nei casi di abusi sessuali su minori. Anche la “Guida” pubblicata sul sito del vaticano e che si dice essere del 2003, quella che contiene le linee guida da osservare nei casi dei preti pedofili, sarebbe di per sé importante. Ma o è un falso, o chi doveva applicarlo non lo ha fatto. Del resto, come ha recentemente osservato il procuratore aggiunto di Milano, Pietro Forno, non si registrano in Italia segnalazioni o denunce all’autorità giudiziaria fatte da vescovi nei confronti di preti delle loro diocesi sospettati di abusi.
E poi quella “Guida” contraddice il De Delictis Gravioribus sulla fondamentale questione del silenzio…
Infatti. Da una parte nella “Guida” si afferma la collaborazione con le autorità civili; dall’altra, nel De Delictis Gravioribus la stessa Congregazione per la Dottrina della Fede afferma che dei casi di pedofilia tra il clero non si deve parlare. Piuttosto contraddittorio. In ogni caso, sarebbe bastato applicare quello che c’era scritto nella “Guida”… niente di più.
In Italia, i casi di pedofilia che hanno coinvolto preti o religiosi sono assai pochi rispetto all’estero. Sta per arrivare uno tsunami anche nel nostro Paese?
Statisticamente in Italia ci dovrebbero essere molti più casi di quelli che sono stati fin qui registrati, anche perché i preti nel nostro Paese sono moltissimi rispetto alla popolazione. Ma i casi non emergono non solo per la cappa di silenzio imposta dalle gerarchie che qui da noi si è fatta sentire molto più che all’estero. Bisogna considerare che in Italia il rapporto di fiducia, di deferenza con tutto ciò che ha a che fare con il sacro è fortissimo. Penso ad esempio al caso di don Ruggero Conti, ex parroco della Natività di Maria Santissima, oggi agli arresti domiciliari in attesa che si celebri il processo che lo vede imputato. La comunità è quasi tutta schierata con lui. Recentemente è stata anche organizzata una veglia di preghiera in suo sostegno. Questo per dire che spesso nel nostro Paese non si ritiene nemmeno concepibile che un prete possa macchiarsi di simili delitti. Tra l’altro, trovo grave anche che gli sia stato consentito di farlo. Mi sarei infatti aspettato che il vicario del papa per la diocesi di Roma intervenisse per chiedere che si attendesse con serenità le decisioni della magistratura senza controproducenti esposizioni della comunità.
Nel tuo caso è emerso in modo inoppugnabile che il vescovo sapeva ma tacque. Nei confronti di mons. Ferraro, la Curia vaticana ha atteso il compimento del 75.mo anno di età senza intervenire in nessun modo nei suoi confronti. E don Bruno Puleo?
Non lo so. Me lo chiedono in tanti. Posso solo sottolineare che quando don Puleo patteggiò la sua condanna, la Curia non fece altro che spostarlo da una parrocchia all’altra. Oggi però, dopo che la mia vicenda è arrivata anche in televisione, forse la Curia ha preso qualche provvedimento [nell’annuario della diocesi di Agrigento il suo nome non compare più, ndr]. So invece con certezza che un prete della diocesi di Palermo, don Paolo Turturro, condannato in primo grado a sei anni e mezzo di carcere, al risarcimento per 50mila euro, con l’interdizione dai pubblici uffici, continua regolarmente a dire messa.
Se le direttive vaticane vanno nella direzione della tutela delle vittime sempre e comunque e dispongono l’allontanamento dei preti accusati di pedofilia anche prima che arrivi la sentenza dei tribunali ecclesiastici e civili, allora qui c’è un evidente cortocircuito.
Come giudichi le recenti dichiarazioni del card. Bertone sulla connessione tra omosessualità e pedofilia?
Anzitutto, tra i preti ad essere diffusi sono soprattutto i casi di efebofilia. Abusi non su bambini, quindi, ma su adolescenti o preadolescenti. Questi preti mostrano personalità immature e rivelano una sessualità non adeguatamente sviluppata, o vissuta male, o negata; oppure repressa. Che abbiano un orientamento omosessuale o eterosessuale è del tutto secondario. La sostanza non cambia.
La pedofilia ha una relazione con il potere che il prete esercita?
Nel senso della forte relazione di subordinazione che hanno le vittime nei loro confronti, direi di sì. I preti pedofili, rispetto ai pedofili in generale, godono infatti di uno status particolare: esercitano infatti un forte carisma sulle loro giovani vittime, un forte ascendente. Hanno con loro un rapporto di paternità spirituale. I ragazzi che si rivolgono a loro sono persone in difficoltà, fragili, bisognose di aiuto o in ricerca di una guida. Tra abusato ed abusatore si crea quindi una relazione molto forte, anche di dipendenza. Per questo all’interno della Chiesa è molto difficile che questi casi vengano alla luce, perché coloro che subiscono violenza difficilmente denunciano la persona nei confronti della quale nutrono tanta fiducia e devozione. (valerio gigante)
Fonte: www.adistaonline.it
sabato 10 aprile 2010
La Chiesa e gli scandali
Stamani ho letto la lettera inviata da Ratzinger come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede nel 1985, con cui rifutava la richiesta di riduzione allo stato laicale di un sacerdote americano implicato in eventi di pedofilia, chedendo più tempo per l'analisi del caso.
Peccato che il sacerdote n questione fosse già stato condannato nel 1978 per atti osceni su minori ed avesse già trascorso, dal 1978 al 1981, tre anni in libertà vigilata. E che la richiesta di riduzione allo stato laicale, da parte dello stesso sacerdote e del suo vesovo, fosse del 1981. Qui la ricostruzione degli eventi fatta dalla Associated Press
Il punto chiave mi sembra la motivazione addotta dall'allora Cardinale Ratzinger per evitare che all'interessato fossero revocati gli incarichi di sacerdote. Pur riconoscendo la gravità dei fatti, egli ritiene di dover considerare i danni che sarebbero derivati alla comunità dei fedeli dalla rimozione del sacerdote, anche in considerazione della sua giovane età (38 anni). Infatti la rimozione navvenne poi 2 anni dopo, a 40 anni.
Il tema insomma è quello dello scandalo. Lo "scandalo" generato dal sollevare un sacerdote dal suo ruolo per pedofilia, peraltro rispondendo ad una richiesta sua e del suo vescovo, sarebbe stato un danno più grande che mantenerlo nel suo ruolo pastorale, con le inevitabili conseguenze (il sacerdote ha poi avuto altre condanne per pedofilia in seguito).
Meglio il silenzio dello scandalo., affinché i fedeli non vengano "confusi". Di questo, al di là di tutto, la Chiesa non può non rispondere. E su questa, che è stata una delle caratteristiche dell'agire delle gerarchie ecclesiastiche da sempre, non può non riflettere. E credo meglio farebbe a farlo, seriamente e col Vangelo in mano, invece di gridare al complotto.
martedì 16 febbraio 2010
pubblicità
come non pubblicizzare e dare ampio riscontro ad un congegno così avanzato ed innovativo?
domenica 6 settembre 2009
Simpatia e resistenza
Finalmente, e con piacere, leggo un intervento ecclesiasitco "istituzionale" che parla in modo che mi sembra positivo e bello del rapporto tra Chiesa e mondo.
Mi riferisco all'intervento di Mons. Crociata, segretario della CEI, all'assemblea di Azione Cattolica.
Ha sottolineato la necessità di non cedere alla "sindrome d'assedio, proprio di chi vede attorno a sé nemici e minacce alla fede e alla Chiesa" e, d'altra parte, di non fare come chi "indulge, più o meno consapevolmeinsente, alla mentalità corrente, si lascia dettare dalle mode del momento il criterio di giudizio alla fine determinante anche sul piano dottrinale e morale".
Ha invitato i fedeli ad essere "Chiesa di popolo", capaci di "farsi carico inseparabilmente della propria vita e della comunità umana in cui è inserita, condividendone angosce e speranze". Una "Chiesa fatta di credenti che resistono, ma che pensano e operano come se portassero il peso e la grazia della fede di tutti, oltre gli stessi confini battesimali".
"Simpatia" e "resistenza" le due parole d'ordine. Cioè un "giudizio di partenza positivo, pieno di speranza" verso il mondo e al tempo stesso la resistenza irriducibile "al mondano e alle sue regole".
Parole che mi sembrano luminose, una volta tanto... Riportate dalla versione cartacea di "Avvenire" di oggi, eppure "purgate" dai riferimenti più belli dalla versione online dello stesso giornale. Lì non si parla di "sindrome d'assedio", e c'è la "resistenza", ma, guarda un po', non la "simpatia"... Un giornalista che ha giudicato troppo aperto il suo pastore, sentendosi forse "assediato" e temendo di essere troppo "simpatico"...
mercoledì 2 settembre 2009
Chiesa e prudenza
Vi prego leggete quest'articolo di Vittorio Messori, uscito oggi sul Corriere della Sera. L'esimio scrittore cattolico, rinnovando stima e solidarietà con Boffo, si arrampica in un elogio della "prudenza", sostenendo che vicende oscure e dubbie come quella che ha coinvolto l'Avvenire apportino danno all'immagine della Chiesa. Vi copio i passi per me salienti:
"Praticando la storia della Chiesa, ne ammiravo una costante: cardinali e vescovi hanno sempre accompagnato a ogni virtù quella della prudenza, vegliando occhiutamente per stornare i pericoli.
Ci chiediamo che sia successo ora. In effetti, dopo la sentenza del 2004, la prudenza tradizionale avrebbe suggerito di chiedere al «condannato» di defilarsi, assumendo altre cariche, meno esposte a ricatti e a scandali. E questo anche se si fosse trattato di un equivoco, di una vendetta, di un errore giudiziario.
Plutarco loda Cesare che ripudiò la moglie sulla base di sospetti inconsistenti, dicendo che il prestigio del Capo di Roma non tollerava ombre, pur se inventate. La sentenza di Terni è contestabile? Tutto è davvero una «patacca»? Se sarà dimostrato, come crediamo e speriamo, tireremo un sospiro di sollievo. Ma, intanto, un uomo immagine della Chiesa italiana ha campeggiato e campeggerà a lungo sulle prime pagine, sospettato dei gusti «diversi» la cui ombra grava oggi, più che mai, sugli ambienti clericali.
Il caso prima o poi sarebbe venuto alla luce, e in modo malevolo: perché, allora, attendere 5 anni senza cautelarsi, diminuendo la visibilità? E questo, pure in caso di coscienza limpida. Se un giornale ha «sbattuto il mostro in prima pagina», è perché cardinali e vescovi cui competeva non lo hanno destinato ad altri incarichi, lontani dalle aggressioni politiche. "
ora, a parte il fatto che se fossi omosessuale mi girerebbero parecchio le scatole (gusti "diversi", da chi? e poi "gusti"? come quelli del gelato...che volgarità! per non parlare di «sbattuto il mostro in prima pagina»)
Ma poi, vi sembra che Gesù Cristo si sia mai peritato, per prudenza e rispetto al prestigio di chiccessia, di dire o fare alcunchè di sconveniente nella sua vita, fino a morire di una delle più infamanti morti del tempo? O forse i pubblicani e le prostitute del vangelo esibivano certificati di eterosessualità per essere ammessi alla sua tavola?
Quanto al fatto che nella storia (scusami Messori ma tu mi tocchi in un nervo scoperto...) gli alti prelati abbiano "accompagnato a ogni virtù quella della prudenza, vegliando occhiutamente per stornare i pericoli"... mi verrebbe da osservare: i pericoli per chi? No, perché dopo le crociate, gli Indios, le streghe e gli scienziati scomunicati, si potrebbe dubitare che, almeno nel '900, tale atteggiamento prudente ( verso "uomini della provvidenza", teorici dello sterminio di massa, e via dicendo) abbia proprio premiato...Forse qualche voce più fiera contro la barbarie umana avrebbe potuto levarsi e, dico la verità, qualunque uomo di chiesa se ne fosse assunto la responsabilità, nessuno avrebbe fatto caso ai suoi "gusti", diversi o non.
mercoledì 26 agosto 2009
parole di speranza
A proposito del post sui nuovi schiavi e relativi commenti, vi segnalo un libro da leggere, sia per chi lo scrivi, il Cardinal Carlo Maria Martini (ma perché non l'hanno fatto Papa?!), sia per il contenuto, capace di ricordare come si possa essere uomini di Chiesa e, nello stesso tempo, profondamente innamorati della vita e aperti all'umanità.
Il libro è "Conversazioni notturne a Gerusalemme. Sul rischio della fede" e nasce a 4 mani, il cardinale e G. Sporschill, gesuita austriaco, dedito al recupero dei bambini di strada e minori abbandonati nell'Europa dell'Est.
Giusto per invogliarvi, nel libro si trovano affermazioni come le seguenti
"Compiere passi nel cammino verso Dio può significare anche entrare nel mondo di una cultura straniera, conoscere altre religioni, imparare una lingua straniera, perchè si diffondano la comprensione e la pace.[...]Chi legge la Bibbia e ascolta Gesù scoprirà che lui si meravilgia della fede dei pagani. In un passo del Vangelo egli non propone come modello il sacerdote, bensì l'eretico, il samaritano. Quando pende dalla croce, accolgie in cielo il ladrone. Il miglior esempio è Caino: Dio segna Caino per proteggerloi e far sì che nessuno lo uccida[...] Nella Bibbia Dio ama gli stranieri, aiuta i deboli, vuole che soccorriamo e serviamo in diversi modi tutti gli uomini. L'uomo, invece, e anche la chiesa corrone sempre il rischio di porsi come assoluti.[...] Non puoi renedere Dio cattolico. Dio è aldilà dei limiti e delle definizioni che noi stabiliamo.[...] Gesù ha scelto di essere senza patria per essere presente per tutti gli uomini e non erigere alcun muro intorno a sé. Gesù è andato incontro agli stranieri. Non si è limitato a stare bene a casa sua, è andato di paese in paese, di città in città. E' andato là dove esistevano conflitti, dove doveva servirsi del suo amore perché si potesse instaurare la pace tra pagani ed ebrei, tra romani ed Israele. [...] Ama il prossimo tuo come te stesso. Oppure, come recita l'originale ebraico: ama il prossimo tuo perché è come te."
martedì 31 marzo 2009
Immigrazione: Chiesa mettiti in gioco
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Immigrazione: Chiesa mettiti in gioco | ||
Appello al mondo missionario, alla Cei, alle chiese: per opporsi alla strage del Mediterraneo, e per chiedere disobbedienza civile alle leggi razziste previste nel pacchetto sicurezza. | ||
Napoli, 9 marzo 2009 Noi missionari/e sentiamo il dovere di reagire e protestare contro la strage in atto nel Mediterraneo e le leggi razziste contro gli immigrati che arrivano sulle nostre coste. È una tragedia questa, che non ci può lasciare indifferenti: migliaia e migliaia di africani che tentano di attraversare il Mare nostrum per arrivare nell’agognato "Eden". Un viaggio che spesso si conclude tragicamente. Dal 2002 al 2008 sono morti, in maggioranza scomparsi in mare, 42 mila persone, secondo la ricerca condotta a Lampedusa da Giampaolo Visetti, giornalista di La Repubblica. Trecento persone al giorno! Il più grande massacro europeo dopo la II Guerra Mondiale che si consuma sotto i nostri occhi. E qual è la risposta del governo? Chiudere le frontiere e bloccare questa "invasione". E per questo il "nostro" governo ha stipulato accordi con la Libia e la Tunisia. Il 5 gennaio 2009 infatti il Senato ha approvato il Trattato con il governo libico di Gheddafi per impedire che le cosiddette carrette del mare arrivino a Lampedusa. Com’è possibile firmare un trattato con un paese come la Libia che tratta in maniera così vergognosa gli immigrati in casa propria? Il 27 gennaio 2009 il ministro Maroni si è incontrato con il ministro degli Interni tunisino per la stessa ragione. Il regime di Ben Ali in Tunisia non è meno dittatoriale di quello libico. Questi tentativi italiani per bloccare l’immigrazione clandestina, sono sostenuti dal Frontex, l’Agenzia Europea per la difesa dei confini, che ha ricevuto oltre 22 milioni di euro per tali operazioni. Ci dimentichiamo però che questa pressione migratoria è dovuta alla tormentata situazione africana, in particolare dell’Africa Centrale e Orientale. Le situazioni di miseria e oppressione, le guerre troppo spesso dimenticate dell’Eritrea, Etiopia, Somalia, Sudan, Ciad sospingono migliaia di persone a fuggire attraverso il deserto per arrivare in Tunisia e Libia dove sono trattate come schiavi: lunghi anni di lavoro in nero per ottenere i soldi per la grande traversata (soldi che andranno alle mafie). E se riusciranno (pagando 3-4000 euro) ad attraversare il Mediterraneo ed arrivare a Lampedusa, verranno rinchiusi in un vero e proprio campo di concentramento, il Centro di “accoglienza” trasformato il 24 gennaio in Cie (Centro di identificazione ed espulsione): un vero lager che può ospitare 900 persone ed invece ne contiene 1900! Di qui le drammatiche rivolte di questi giorni con i tentati suicidi di parecchi tunisini che non vogliono essere rimpatriati perché sanno quello che li attende. Tutto questo grazie alla solerzia del nostro ministro Maroni che ha detto che bisogna essere «cattivi» con gli immigrati. E il suo Pacchetto Sicurezza è la «cattiveria trasformata in legge», come afferma il settimanale Famiglia Cristiana. Infatti nel Pacchetto Sicurezza il clandestino è dichiarato criminale. Una legislazione questa che ha trovato un terreno fertile, preparato da un crescente razzismo della società italiana (così ben espresso dalla Lega!) e da una legislazione che va dalla Turco-Napolitano (l’idea dei Centri di permanenza temporanea) all’immorale e non-costituzionale Bossi-Fini, che non riconosce l’immigrato come soggetto di diritto, ma come forza lavoro pagata a basso prezzo, da rispedire al mittente quando non ci serve più. La legge infatti prevede, fra le altre cose, la possibilità che i medici denuncino i clandestini ammalati, la tassa sul permesso di soggiorno (dagli 80 ai 200 euro!), le "ronde", il permesso di soggiorno a punti, norme restrittive sui ricongiungimenti familiari e i matrimoni misti, il carcere fino a 4 anni per gli irregolari che non rispettano l’ordine di espulsione. Maroni ha pure deciso di costruire una decina di Centri di identificazione e di espulsione, ove saranno rinchiusi fino a 6 mesi i clandestini. Questa è una legislazione da apartheid: il risultato di un mondo politico di destra e di sinistra che ha messo alla gogna lavavetri, ambulanti, Rom e mendicanti. È una cultura xenofoba e razzista che ci sta portando nel baratro dell’esclusione e dell’apartheid. Tutto questo immemori di essere stati noi “forestieri in terra di Egitto” quando così tanti italiani oltre al doloroso distacco dalla propria terra, hanno sperimentato l’emarginazione, il disprezzo e l’oppressione. Per questo noi chiediamo: ai missionari/e, religiosi/e, laici/che impegnati con il Sud del mondo: · di schierarsi dalla parte degli immigrati contro una «politica miope e xenofoba»e che fa «precipitare l’Italia, unico paese occidentale, verso il baratro di leggi razziali», come afferma Famiglia Cristiana. · di organizzare una processione penitenziale, per chiedere perdono a Dio e ai fratelli migranti per il razzismo, la xenofobia, la caccia al musulmano che, come forza diabolica, sono entrate nel corpo politico di questa Italia. alla Conferenza Episcopale Italiana: · di chiedere la disobbedienza civile a queste leggi razziste. È quanto ha fatto nel 2006, in situazioni analoghe, il cardinale R. Mahoney di Los Angeles, California, che ha chiesto nell’omelia del mercoledì delle Ceneri a tutti i cattolici americani di servire tutti gli immigrati, anche quelli clandestini. alla Chiesa cattolica in Italia e alle altre Chiese: · di riprendere l’antica pratica biblica, accolta e praticata anche dalle comunità cristiane di fare del tempio il luogo di rifugio per avere salva la vita, come indicato nel libro dei Numeri 35,10-12. Su questa base biblica negli anni ’80, negli USA, nacque il Sanctuary Movement che oggi viene rilanciato. Come missionari/e facciamo nostro l’appello degli antropologi italiani: "Quell’antropologia impegnata dalla promessa di ampliare gli orizzonti di ciò che dobbiamo considerare umano deve denunciare il ripiegamento autoritario, razzista, irrazionale e liberticida che sta minando le basi della coesistenza civile nel nostro paese, e che rischia di svuotare dall’interno le garanzie costituzionali erette 60 anni fa, contro il ritorno di un fascismo che rivelò se stesso nelle leggi razziali. Forse anche allora, in molti pensarono che no si sarebbe osato tanto: oggi abbiamo il dovere di non ripetere quell’errore". Viviamo un tempo difficile, ma carico di speranza nella misura in cui siamo capaci di mettere in gioco la nostra vita per la Vita. Comunità Comboniana - Rione Sanita (Napoli) Alex Zanotelli e Domenico Guarino Casa Rut – Suore Orsoline, Caserta Casa Zaccheo – Padri Sacramentini, Caserta Missionarie Comboniane – Torre Annunziata (Napoli) Comunità Comboniana - Castelvolturno (Caserta) |
sabato 21 marzo 2009
La Chiesa del silenzio
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/200903articoli/42068girata.asp
E’ la nuova «Chiesa del silenzio». A dissentire dal no ufficiale al condom tra polemiche planetarie da Benedetto XVI sono i cardinali che teorizzano la liceità morale dell’uso del preservativo davanti al dilagare dell’Aids e le congregazioni missionarie che nell’Africa subsahariana(ma anche in America latina e in tutto il terzo mondo) fronteggiano la catastrofe sanitaria con «mezzi vietati» dal Magistero. Ma sono anche intere conferenze episcopali, come i vescovi del Camerun: ricevono fondi dal governo guidato dal cattolico Biya per il piano statale contro l’epidemia di Hiv che include la distribuzione di preservativi. Da tempo, dinanzi al flagello dell’Aids, le missioni cattoliche nell’Africa nera hanno rimosso la proibizione confessionale dei profilattici. «La Chiesa è impegnata a sconfiggere le epidemie e ad alleviare il dolore ma rispettando la vita fino alla fine - ha ricordato ieri il Papa incontrando i malati a Yaoundé -. L’Aids, la tubercolosi, la malaria sono terribili flagelli cui anche la Chiesa deve fare fronte con la massima determinazione». Con chi soffre, evidenzia il Pontefice, «la nostra presenza sostenuta dalla preghiera, un gesto di tenerezza e di conforto, uno sguardo, un sorriso, possono fare più di tanti discorsi».
giovedì 19 marzo 2009
Condom e così sia
Se si uccide con un coltello o con una pistola un essere umano si viola la legge di Dio. Non uccidere. Se si induce con la parola a non utilizzare il condom e, per questo, muoiono milioni di persone di AIDS è una questione di fede. Teologia applicata. Ho fatto catechismo, ho letto i Vangeli. Non mi risulta che Gesù Cristo abbia vietato il preservativo. Si usava anche allora, non è un’invenzione moderna. La Chiesa si preoccupa della vita di Eluana, ma ignora la morte dei malati di AIDS. Il Cristo non ha proibito ai preti di sposarsi. Non li ha costretti a vivere una vita aliena, lontano da una condizione naturale dell’uomo, che è la famiglia. Il Cristo ha invece attaccato i Farisei, i preti del suo tempo. Che lo consegnarono ai Romani per metterlo in croce.
Una donna non può servire messa, né diventare sacerdote. Chi lo ha deciso? Gesù non mi risulta. Un prete, un uomo che non è stato padre, marito, amante come può giudicare il comportamento di un padre, di un marito, di un amante? La Chiesa è interessata al sesso. Ne discute ogni giorno. Il sesso degli altri. Spiega quando è lecito, come farlo e con chi. Se controlli il sesso, controlli la società. La Chiesa è ricca, ricchissima. E’ nelle banche, è il più grande proprietario immobiliare del mondo. La sua ricchezza è dovuta al lavoro di milioni di persone nei secoli. Il loro lavoro, i loro beni sono andati al Vaticano, non a una famiglia che non potevano avere.
Se la Chiesa si occupa di ciò che facciamo sotto le lenzuola, è giusto che noi ci occupiamo della vita sessuale dei preti. Anche per loro è giunto il tempo della liberazione sessuale con o senza preservativo. Il sesso è un dono del Creato, i religiosi devono poterne godere. Propongo un referendum in Vaticano per la fine della schiavitù sessuale dei religiosi e per uguali accessi ai sacramenti tra uomini e donne. Nel segreto dell’urna preti e suore voterebbero sì. Quando voti, Dio ti vede, il Papa no.
da BeppeGrillo.it del 19 marzo 2009.
Mentre gli altri governi si muovono, noi siamo gli unici che non apriamo bocca x mandare in un modo o nell'altro a quel paese una masnada di maschilisti repressi e assassini ed il loro Kapò (attento alle parole Ricca, attento!...)
domenica 8 marzo 2009
Il vescovo e la bambina
Mi era stata segnalata la notizia su Repubblica (questa, se avete fretta, l'efficace sintesi di Adrani Sofri). L'ho voluta verificare da altre fonti: questo è il racconto del Corriere.
In sintesi: in Brasile una bambina viene violentata dal patrigno dall'età di sei a quella di nove anni, dopo di che rimane incinta di una coppia di gemelli. I medici ne procurano l'aborto. Il patrigno viene arrestato. Il vescovo della sua città decide di scomunicare la madre e i medici.
A margine:
- la bambina è alta 1,36 m e pesa 33 Kg. I medici hanmno dichiarato che la gravidanza gemellare l'avrebbe messa a rischio di morte (difficile immaginarlo?)
- il vescovo ha dichiarato che la scomunica è un atto "automatico" (!) in questi casi e che il patrigno non è stato scomunicato "perché l'aborto è peggiore del suo crimine". In compenso gli scomunicati non sono condannati all'inferno, è sufficiente che si pentano
- la Pontificia Accademia per la Vita ha giustificato l'operato del Vescovo, come una sorta di atto dovuto.
Io voglio sperare che una persona normale che legge questa notizia, e che magari si dice cattolico, provi un senso di nausea. Se è così, vi prego, diffondetela e parlatene. Ho come la sensazione che sia un "punto di non ritorno" per un certo modo di essere (o dirsi) chiesa, con in mano il Codice di Diritto Canonico e il Vangelo (e il buon senso) nascosto in soffitta. A tutto c'è un limite. O no?
lunedì 2 marzo 2009
Ancora su Eluana & co.
Non credo si debba aggiungere molto....
Vita e morte secondo il vangelo
di Enzo Bianchi
in “La Stampa” del 15 febbraio 2009
C’è un tempo per tacere e un tempo per parlare» ammoniva Qohelet, così come «c’è un tempo per nascere e un tempo per morire; un tempo per uccidere e un tempo per guarire...». Veniamo da settimane in cui questa antica sapienza umana - prima ancora che biblica - è parsa dimenticata. Anche tra i pochi che parlavano per invocare il silenzio v’era chi sembrava mosso più che altro dal desiderio di far tacere quanti la pensavano diversamente da lui. Da parte mia confesso che, anche se il direttore di questo giornale mi ha invitato più volte a scrivere, ho preferito fare silenzio, anzi, soffrire in silenzio aspettando l’ora in cui fosse forse possibile - ma non è certo - dire una parola udibile. Attorno all’agonia lunga 17 anni di una donna, attorno al dramma di una famiglia nella sofferenza, si è consumato uno scontro incivile, una gazzarra indegna dello stile cristiano: giorno dopo giorno, nel silenzio abitato dalla mia fede in Dio e dalla mia fedeltà alla terra e all’umanità di cui sono parte, constatavo una violenza verbale, e a volte addirittura fisica, che strideva con la mia fede cristiana. Non potevo ascoltare quelle grida - «assassini», «boia», «lasciatela a noi»... - senza pensare a Gesù che quando gli hanno portato una donna gridando «adultera» ha fatto silenzio a lungo, per poterle dire a un certo punto: «Donna neppure io ti condanno: va’ e non peccare più»; non riuscivo ad ascoltare quelle urla minacciose senza pensare a Gesù che in croce non urla «ladro, assassino!» al brigante non pentito, ma in silenzio gli sta accanto, condividendone la condizione di colpevole e il supplizio. Che senso ha per un cristiano recitare rosari e insultare? O pregare ostentatamente in piazza con uno stile da manifestazione politica o sindacale?
Ma accanto a queste contraddizioni laceranti, come non soffrire per la strumentalizzazione politica dell’agonia di questa donna? Una politica che arriva in ritardo nello svolgere il ruolo che le è proprio - offrire un quadro legislativo adeguato e condiviso per tematiche così sensibili - e che brutalmente invade lo spazio più intimo e personale al solo fine del potere; una politica che si finge al servizio di un’etica superiore, l’etica cristiana, e che cerca, con il compiacimento anche di cattolici, di trasformare il cristianesimo in religione civile.
L’abbiamo detto e scritto più volte: se mai la fede cristiana venisse declinata come religione civile, non solo perderebbe la sua capacità profetica, ma sarebbe ridotta a cappellania del potente di turno, diverrebbe sale senza più sapore secondo le parole di Gesù, incapace di stare nel mondo facendo memoria del suo Signore. È avvenuto quanto più volte avevo intravisto e temuto: lo scontro di civiltà preconizzato da Huntington non si è consumato come scontro di religioni ma come scontro di etiche, con gli effetti devastanti di una maggiore divisione e contrapposizione nella polis e, va detto, anche nella Chiesa. Da questi «giorni cattivi» usciamo più divisi. Da un lato il fondamentalismo religioso che cresce, dall’altro un nichilismo che rigetta ogni etica condivisa fanno sì che cessi l’ascolto reciproco e la società sia sempre più segnata dalla barbarie. Sì, ci sono state anche voci di compassione, ma nel clamore generale sono passate quasi inascoltate. L’Osservatore Romano ha coraggiosamente chiesto - tramite le parole del suo direttore, il tono e la frequenza degli interventi - di evitare strumentalizzazioni da ogni parte, di scongiurare lo scontro ideologico, di richiamare al rispetto della morte stessa. Ma molti mass media in realtà sono apparsi ostaggio di una battaglia frontale in cui nessuno dei contendenti si è risparmiato mezzi ingiustificabili dal fine. Eppure, di vita e di morte si trattava, realtà intimamente unite e pertanto non attribuibili in esclusiva a un campo o all’altro, a una cultura o a un’altra. La morte resta un enigma per tutti, diviene mistero per i credenti: un evento che non deve essere rimosso, ma che dà alla nostra vita il suo limite e fornisce le ragioni della responsabilità personale e sociale; un evento che tutti ci minaccia e tutti ci attende come esito finale della vita e, quindi, parte della vita stessa, un evento da viversi perciò soprattutto nell’amore: amore per chi resta e accettazione dell’amore che si riceve. Sì, questa è la sola verità che dovremmo cercare di vivere nella morte e accanto a chi muore, anche quando questo risulta difficile e faticoso. Infatti la morte non è sempre quella di un uomo o una donna che, sazi di giorni, si spengono quasi naturalmente come candela, circondati dagli affetti più cari. No, a volte è «agonia», lotta dolorosa, perfino abbrutente a causa della sofferenza fisica; oggi è sempre più spesso consegnata alla scienza medica, alla tecnica, alle strutture e ai macchinari...
Che dire a questo proposito? La vita è un dono e non una preda: nessuno si dà la vita da se stesso né può conquistarla con la forza. Nello spazio della fede i credenti, accanto alla speranza nella vita in Dio oltre la morte, hanno la consapevolezza che questo dono viene da Dio: ricevuta da lui, a lui va ridata con un atto puntuale di obbedienza, cercando, a volte anche a fatica, di ringraziare Dio: «Ti ringrazio, mio Dio, di avermi creato...». Ma il credente sa che molti cristiani di fronte a quell’incontro finale con Dio hanno deciso di pronunciare un «sì» che comportava la rinuncia ad accanirsi per ritardare il momento di quel faccia a faccia temuto e sperato. Quanti monaci, quante donne e uomini santi, di fronte alla morte hanno chiesto di restare soli e di cibarsi solo dell’eucarestia, quanti hanno recitato il Nunc dimittis, il «lascia andare, o Signore, il tuo servo» come ultima preghiera nell’attesa dell’incontro con colui che hanno tanto cercato... In anni più vicini a noi, pensiamo al patriarca Athenagoras I e a papa Giovanni Paolo II: due cristiani, due vescovi, due capi di Chiese che hanno voluto e saputo spegnersi acconsentendo alla chiamata di Dio, facendo della morte l’estremo atto di obbedienza nell’amore al loro Signore.
Testimonianze come queste sono il patrimonio prezioso che la Chiesa può offrire anche a chi non crede, come segno grande di un anticipo della vittoria sull’ultimo nemico del genere umano, la morte. Voci come queste avremmo voluto che accompagnassero il silenzio di rispetto e compassione in questi giorni cattivi assordati da un vociare indegno. La Chiesa cattolica e tutte le Chiese cristiane sono convinte di dover affermare pubblicamente e soprattutto di testimoniare con il vissuto che la vita non può essere tolta o spenta da nessuno e che, dal concepimento alla morte naturale, essa ha un valore che nessun uomo può contraddire o negare; ma i cristiani in questo impegno non devono mai contraddire quello stile che Gesù ha richiesto ai suoi discepoli: uno stile che pur nella fermezza deve mostrare misericordia e compassione senza mai diventare disprezzo e condanna di chi pensa diversamente. Allora, da una millenaria tradizione di amore per la vita, di accettazione della morte e di fede nella risurrezione possono nascere parole in grado di rispondere agli inediti interrogativi che il progresso delle scienze e delle tecniche mediche pongono al limitare in cui vita e morte si incontrano. Così le riassumeva la lettera pontificale di Paolo VI indirizzata ai medici cattolici nel 1970: «Il carattere sacro della vita è ciò che impedisce al medico di uccidere e che lo obbliga nello stesso tempo a dedicarsi con tutte le risorse della sua arte a lottare contro la morte. Questo non significa tuttavia obbligarlo a utilizzare tutte le tecniche di sopravvivenza che gli offre una scienza instancabilmente creatrice. In molti casi non sarebbe forse un’inutile tortura imporre la rianimazione vegetativa nella fase terminale di una malattia incurabile? In quel caso, il dovere del medico è piuttosto di impegnarsi ad alleviare la sofferenza, invece di voler prolungare il più a lungo possibile, con qualsiasi mezzo e in qualsiasi condizione, una vita che non è più pienamente umana e che va naturalmente verso il suo epilogo: l’ora ineluttabile e sacra dell’incontro dell’anima con il suo Creatore, attraverso un passaggio doloroso che la rende partecipe della passione di Cristo. Anche in questo il medico deve rispettare la vita». Ecco, questo è il contributo che con rispetto e semplicità i cristiani possono offrire a quanti non condividono la loro fede, affinché la società ritrovi un’etica condivisa e ciascuno possa vivere e morire nell’amore e nella libertà.
martedì 10 febbraio 2009
una firma per eluana
Cari amici,
vi rubo 5 minuti di tempo per una riflessione sulla vicenda della povera Eluana Englaro.
A parte il fatto che il dolore di questa gente è finito nel tritacarne della politica, mi hanno particolarmente infastidito due aspetti della vicenda:
1) Il disprezzo per la Costituzione (che il nostro premier, che su quella Carta ha giurato, definisce “filosovietica” dimostrando che ignora la storia oltre al diritto);
2) La continua ingerenza nella vita politica del Paese da parte del Vaticano, che ha dato il suo plauso a Berlusconi per il “coraggio” nel varare il decreto legge e ha invece bacchettato sulle mani il Presidente della Repubblica perché ne ha rifiutato la firma.
Arriverà il momento in cui Berlusconi proverà a fare un decreto legge per sovvertire una sentenza di condanna nei suoi confronti?
Per dare sostanza al dissenso può valere la pena sottoscrivere l’appello di un’associazione che si chiama Libertà e Giustizia, che potete trovare al link sotto.
L’associazione è stata fondata da personalità di spicco della società civile (Zagrebelsky, Eco, Biagi, Veronesi) di destra e di sinistra, laici e non, ed ha come missione la tutela della Costituzione e i valori cardine del nostro ordinamento, e promuove il rispetto del principio di separazione tra Stato e Chiesa. Non è un partito né aspira a diventarlo: è un’iniziativa della società civile.
Il link per la sottoscrizione dell’appello è:
http://www.libertaegiustizia.it/appelli/dettaglio_appello.php?id_appello=11
Oppure si può firmare su www.repubblica.it
Le firme sono già oltre 100mila, ci vogliono 30 secondi per aggiungere la tua.
È bene che certe persone si rendano conto che non siamo tutte pecore.
A beneficio di quanti pensano che tutto sommato non ci sia un’emergenza democratica nel nostro Paese riporto questa frase di Bobbio:
Il cammino della democrazia non è un cammino facile. Per questo bisogna essere continuamente vigilanti, non rassegnarsi al peggio, ma neppure abbandonarsi ad una tranquilla fiducia nelle sorti fatalmente progressive dell’umanità… La differenza tra la mia generazione e quella dei nostri padri è che loro erano democratici ottimisti. Noi siamo, dobbiamo essere, democratici sempre in allarme”.
Un abbraccio a tutti
Enrico G.
martedì 27 gennaio 2009
mercoledì 14 gennaio 2009
Bus Atei
avete visto le reazioni politiche, specie dei "conservatori" (primo articolo), che parlano di bloccare le pubblicità atee per "pubblicità ingannevole"!!!???
Vedrete che quando i giudici bocceranno la tesi per insostenibilità oggettiva, li accuseranno di nuovo di essere comunisti.
Forse cattivo gusto, ma non vedo grande differenza con le scritte sui cavalcavia "Dio c'è".
da Repubblica:
Ateismo, la polemica corre sul bus
Dal canto suo il leghista Edoardo Rixi invita i cattolici a boicottare l´Amt e il Comune in una botta sola: non pagando il biglietto. Attacchi pesanti da molti esponenti del centrodestra (Gasparri, Carlucci, il governatore del veneto Galan che prende di mira la Vincenzi e il suo riferimento a De André); per Yunus Distefano, portavoce della CO. RE. IS. (Comunità Religiosa Islamica Italiana) si tratta di un gesto «eclatante», «folkloristico», del quale «non si sentiva il bisogno» e che «lascia qualche perplessità». E Giuseppe Momigliano, rabbino capo della Comunità ebraica di Genova, l´ha definito «un gesto folkloristico non rilevante» e non crede «che una persona che abbia una sua maturità di pensiero si faccia influenzare da una scritta su di un bus».
Lo scontro sulla frase incriminata («la cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno») fa tirare il freno anche alla concessionaria di pubblicità, mentre la Vincenzi sottolinea che il codice etico della pubblicità sarà quello che dirimerà la vicenda, escludendo ogni rischio di offesa alla religione insito nella frase. Così come sottolinea Marco Fabiani, product manager della IGP Decaux, che chiarisce di aver appreso la notizia dai giornali e di essere ora in attesa dei bozzetti per il 19 gennaio. E la valutazione finale «non è scontata». Gli spazi, per inciso, costano all´Uaar 8000 euro che dovrebbero venire coperti dalle donazioni di socie e simpatizzanti; la prima giornata si era conclusa con 111 donazioni per 2.735 euro, mentre ieri sera, come testimonia Silvano Vergoli, segretario ligure dell´Uaar, si erano superati i 4000 euro.
da Il Giornale
Bus atei, i vescovi: Aggressione a Bagnasco
"L'obiettivo è Bagnasco" "Il motivo dichiarato è quello di colpire il cardinale Angelo Bagnasco, reo di essere presidente dei vescovi italiani e, attraverso di lui la Chiesa italiana, rea di esistere". Lo scrive il Servizio informazione religiosa che commenta così l’annuncio che a febbraio a Genova circoleranno autobus con le scritte "Dio non esiste; tu non ne hai bisogno". "Forse - commenta il teologo genovese Marco Doldi - gli organizzatori non hanno tenuto conto del fatto che il messaggio riguarda: ebrei, cristiani e musulmani. E non hanno tenuto conto che quello che a loro sembra civiltà - deridere chi crede in Dio - è motivo di grande sofferenza per queste persone ed è ostacolo all’integrazione dei popoli".
Caduta di stile Doldi aggiunge che ci si trova di fronte anche a "un’evidente caduta di stile. Da sempre il discorso su Dio si tiene nelle sedi e nelle forme più adatte: confronti, lezioni, dibattiti, libri, incontri. Luoghi in cui le persone, consapevoli dell’importanza di affermare l’esistenza di Dio o il suo contrario, si incontrano, forse anche si scontrano, ma dialogano. Qui, invece, la questione su Dio è affrontata con la pubblicità, che non permette alcun confronto. Parlare di Dio con il linguaggio pubblicitario - sottolinea monsignor Doldi - è ridurre la questione a fatto banale: sono millenni che credenti e non credenti si parlano; c’è da augurarsi che il dialogo sia sempre mantenuto nello stile, che gli argomenti meritano. Non sul retro degli autobus!".
Su Facebook il gruppo "Dio esiste" Sulla pubblicità dell’ateismo interviene anche il teologo morale Antonio Rungi, che lancia su Facebook il gruppo 'Dio esiste'. "Dio stesso si mostrerà a voi - scrive padre Rungi - se superate il vostro orgoglio e la vostra presunzione. Riconoscere Dio è questione di fede, ma è anche espressione di maturità e serietà umana". "Noi credenti di ogni religione - conclude padre Rungi - non abbiamo bisogno di pullman di linea o particolari per pubblicizzare l’esistenza di Dio. Dio non ha bisogno di essere pubblicizzato o farsi pubblicità, Egli è conosciuto, amato ed è presente nella vita dei credenti di tutte le religioni".
giovedì 8 gennaio 2009
funghi e religione
su internet ho trovato qua e là dei riferimenti ai funghi ed alla religione, volevo sapere se ne sapete niente...
chi si occupa di bufale non ne ha ancora parlato o confutato le tesi ...
vi incollo una sintesi:
Allora, innanzitutto saprete che Babbo Natale non si chiama cosi', bensi' SANTA CLAUS.
E tutt* sanno che si tratta di una leggenda non proveniente dagli Usa, con lo Sponsor Coca Cola, ne’ di origine latina, ne’ tanto meno palestinese, ma che proviene dai paesi nordici...
E tutti, soprattutto i bambini sanno che il Nostro, Santa Claus, per capirci meglio, abita al Polo Nord.... Ebbene, Santa Claus deriva da San Nicolas, Niklas, San Nicola, insomma...
Collegamento cattolico? Niente affatto....
La tradizione di San Nicola guarda caso ha inizio, storicamente proprio in Russia, o meglio tra la Siberia e il Circolo Polare Artico, dove anticamente le tribu' nomadi PAGANE celebravano appunto il nostro Santa Claus.
E come? Portando doni, che diamine!!! Si dà il caso che in quella zona e' tutt'ora viva la tradizione, intorno alla fine dell'anno, di fare uso di AMANITA MUSCARIA.
Si tratta di un fungo definito velenoso, ma in realta' velenose nel senso di mortali lo sono alcune sue varianti. L'amanita muscaria vera e' propria e' un FUNGO ALTAMENTE ALLUCINOGENO.
Ed e', guarda caso, bianco e rosso. Data la sua alta tossicita', ci sono solo due modi per utilizzarlo a fini psychedelici senza subirne gli effetti negativi.
Seccarlo, oppure assumerlo fresco, ma dopo un trattamento un po' particolare.
Per seccarlo, sono alcune migliaia di anni che da quelle parti si usa appenderne i pezzi davanti al camino, in una sorta di contenitore tubolare.
Ora se vi chiedete qual'e l'origine della tradizione di appendere la calza al camino, dove si conservano i doni "da mangiare" dopo un po' di giorni, sapete gia' da cosa ha origine.
Ma per consumarlo, ingerirlo, subito, l'unico modo e' farlo mangiare prima alle renne (che sono l'animale domestico locale) il cui metabolismo intestinale e' molto piu' robusto di quello degli umani, e dopo di che bere la pipi' delle renne, che avra' effetti fortemente psichedelici, ma non letali.
Dunque, riassumendo:
Santa Claus, cioe' Babbo Natale, e' bianco e rosso, come l'amanita muscaria. Vive al Polo Nord, dove le antiche tradizioni shamaniche hanno sempre compreso l'utilizzo di questi funghi come momento di "illuminazione religiosa rituale".
Tali funghi, per essere consumati immediatamente, vengono mangiati dalle renne. Ecco perche' le renne trascinano la slitta di Babbo Natale che porta i "doni".
Ovvio che i "doni" sono le allucinazioni mistiche che permettono di "vedere" o "sentire" dio... Oppure si possono conservare, e mangiarli quando sono secchi, e quindi si mettono in una calza, appesi a seccare davanti al camino.
Per ultima va detta che nessuno e' in grado si spiegare come mai i funghi, nella variante con la cappella rossa a pois bianchi, siano una nota e diffusa decorazione di natale. Piu' palese di questo, come riferimento all'amanita muscaria, direi che non c'e'. E comunque sul fatto che le antiche religioni pagane siano state ispirate dall'uso di droghe allucinogene (quindi non soltanto il calumet della pace degli "indiani", che serviva appunto a placare gli animi), sono stati scritti moltissimi libri, e se pensate alla "manna" (la cui assonanza con "amanita" non e' certo un caso), al "soma" etc, vi renderete conto che in realta' l'avete sempre saputo.
Ne cito uno per tutti, famosissimo, cioe' IL FUNGO SACRO E LA CROCE di John Allegro, pubblicato in italia da quel grande visionario di CESCO CIAPANNA EDITORE. Quindi, a... "natale", non buttate soldi in inutili regali consumistici, magari regalate (e leggete pure voi) proprio questo libro .... O meglio ancora, ora sapete quali sono i "doni" giusti, anche in base alla tradizione.....
E buone "visioni & allucinazioni, mistiche o puramente psychedeliche", a tutt*!!!!!!
Intanto vi regaliamo la versione in inglese del libro consigliato:
John_Allegro___The_Sacred_Mushroom_And_The_Cross.pdf
ed anche un volumetto italiano IL FUNGO MAGICO che in maniera snella riassume i concetti di Allegro:
http://www.pedro.it/webs/millelireonline.it/e-book/Tom%20Robbins%20-%20Il%20Fungo%20Magico.pdf
Inoltre ci sono tante assonanze e similitudini tra la simbologia cattolica e l'amanita muscaria:
Anche il simbolo per eccellenza della religione cattolica è proprio fatto a forma di fungo magico, in modo da contenerne perfettamente le fattezze ... e sta proprio sotto i nostri occhi qui a Roma ... non ci credete? ... Ci è bastato utilizzare googlemaps e un po di fantasia ...
mercoledì 24 dicembre 2008
Procreazione assisitita... ma non troppo!
Devo proprio postare questa perla a margine della Dignitas personae, licenziata questo mese dalla Congregazione per la Dottrina della Fede (l'ex-Sant'Uffizio, per intendersi), in difesa della persona umana (dicono...).
Resta però il fatto che, nell'elencazione minuziosa dei procedimenti leciti e non, si sfiori più volte il ridicolo. Durante la presentazione del documento nella Sala Stampa vaticana la professoressa Maria Luisa Di Pietro, presidente dell'Associazione Scienza & Vita ha infatti cercato di spiegare che da parte del Vaticano “non vi è rifiuto dell’artificialità in generale, ma di quella artificialità che stravolge il più personale degli atti umani, quello procreativo” e che quindi non tutte le tecniche di procreazione assistita sono proibite. Se, infatti, non si opera “una divisione tra l’unione dei coniugi e la possibilità di procreare” e quindi la nuova vita è effetto “di un incontro diretto e immediato dei coniugi” e non “risultato di una procedura tecnica che resta inesorabilmente impersonale”, allora la fecondazione assistita è lecita.
Come fare? Lo ha dettagliatamente spiegato la stessa Di Pietro: bisogna “prelevare il seme ottenuto durante l’atto coniugale con un Scd perforato (Semen Collection Device, una sorta di preservativo bucato, che fa salva la naturalità dell’atto sessuale irrinunciabile per la Chiesa, ndr) per veicolarlo, previa preparazione, nelle vie genitali femminili”. Questa procedura, precisa, “comporta un ricorso alla tecnica, ma l’intervento del medico è successivo – di aiuto – ad un atto coniugale già verificatosi” e quindi è in linea con quanto affermato dal punto 12 della Dignitas personae: “L’intervento medico è rispettoso della dignità della persona, quando mira ad aiutare l’atto coniugale sia per facilitare il compimento, sia per consentirgli di raggiungere il suo fine, una volta che sia stato normalmente compiuto”.
Fonte: Adista
venerdì 5 dicembre 2008
Mancano i soldi per la pubblica istruzione ma...
delle scuole pubbliche non statali, riguardo tagli previsti dalla finanziaria 2009, e ha esortato
il governo a mettere in atto gli impegni assunti riguardo lo stanziamento di fondi da destinare
agli istituti paritari.
"Siamo preoccupati, come emerso anche di recente da diverse voci del mondo cattolico,
per il destino delle scuole pubbliche non statali", ha detto la Cei in una nota. "Tuttavia, pur
consapevoli del momento economico e sociale che il Paese sta attraversando, confidiamo
negli impegni che il governo ha assunto pubblicamente", ha aggiunto.
L'ufficio legislativo del gruppo del Pdl in Senato ha tuttavia precisato a Reuters, in risposta alle
preoccupazioni sollevate dai vescovi, che i fondi per le scuole private verranno ripristinati con
un emendamento che prevede lo stanziamento di 120 milioni per il 2009.
Il taglio originario era di circa 130 milioni di euro.
(da fonte Reuters ,ripresa dai principali quotidiani)
O come è che per questi si trovano su 2 piedi 120 milioni?
Ma se si facesse un bel decreto che abolisse l'istruzione obbligatoria non statale, dal momento che l'istruzione dovrebbe essere un diritto costituzionale garantito comunque per tutti dalla Repubblica?